Perle ai porci (e va bene così)

Succede. Più spesso di quanto vorremmo ammettere.
Portiamo metodi innovativi, strumenti raffinati, approcci frutto di anni di studio, di lavoro su di sé, di esperienza viva. Li portiamo con cura, con passione quasi artigianale, li offriamo convinti che accadrà qualcosa di magico.
E invece… niente.
Lo sguardo spento. La reazione di cortesia. L’interesse che evapora più velocemente di una pozzanghera ad agosto.
E allora, puntuale come una tassa dimenticata, arriva il pensiero: “Ho appena dato perle ai porci.”
La grande illusione: che basti che qualcosa sia buono, utile, trasformativo perché venga accolto. La grande lezione: non basta. Non è mai bastato. E non è una questione di valore: è una questione di prontezza.
Lasciare Andare, Creare Spazio: Liberazione per il Cambiamento Organizzativo

In occasione della Festa della Liberazione, che ricorda un passaggio storico di emancipazione esteriore, diventa quasi urgente in questo momento storico volgere lo sguardo anche a un altro tipo di liberazione, più silenziosa ma non meno decisiva: quella interiore, individuale e collettiva.
Una riflessione che, se portata nel contesto organizzativo, si rivela quanto mai urgente.
Le organizzazioni oggi sono chiamate a cambiare, a innovare, a evolvere. Ma la trasformazione autentica non può avvenire solo attraverso nuove procedure o strumenti tecnici.
Senza un processo profondo di liberazione dalle rigidità interne — mentali, emotive, relazionali — il cambiamento resta superficiale e facilmente destinato a fallire.
Sostenibilità green: molto rumore per nulla

Lavorando con le organizzazioni, tra le criticità che raccolgo spunta spesso la stessa storia: una sostenibilità green trasformata in un labirinto di adempimenti. Peccato che, più che cambiamento, producano soprattutto… burocrazia verde a chilometro zero.
Abbiamo inventato la sostenibilità a colpi di norme, certificazioni, protocolli. E valutazioni di qua, e verifiche di là della sostenibilità.
Ci siamo messi a spuntare caselle, a dichiarare adesioni a iniziative internazionali, a compilare report dove la parola green batte qualsiasi altro termine per numero di presenze.
Peccato che la realtà fuori dai documenti si ostini a non migliorare alla stessa velocità.
Mentre aderiamo a tutto ciò che suona sostenibile, continuiamo a usare, consumare, produrre secondo logiche che hanno ben poco di rigenerativo.
È come cambiare l’etichetta su una bottiglia e pensare di aver cambiato il contenuto.
Il problema?
Adeguiamo i comportamenti superficiali, ma il paradigma di fondo – quello che davvero plasma il nostro modo di vivere, lavorare, produrre – resta com’è.
Io e l’IA: Una Relazione da Facilitare

Questo articolo non ha l’obiettivo di essere un’analisi tecnica sull’intelligenza artificiale (IA), né intende affrontare il tema con l’autorità di un esperto del settore. Né tantomeno intende essere una disquisizione filosofica o etica. E nemmeno una seduta spiritica su cosa diventeremo tra vent’anni.
Piuttosto, vuole essere una riflessione personale, in parte ironica, nata da due anni di sperimentazioni dirette e dall’osservazione di come l’IA può interagire con il nostro pensiero, il nostro tempo e, in ultima analisi, con la capacità dell’essere umano di esprimere il proprio potenziale.
L’Arte della Leadership: Liberare il Potenziale Umano

Esserci, davvero. Questo è forse l’elemento più trascurato eppure più determinante nella leadership di oggi. Non basta agire, decidere, coordinare. La vera svolta inizia nel momento in cui un leader – o una persona che si scopre tale in una situazione – si ferma e si chiede: che impatto ho? Di che tipo di potere dispongo? Come lo sto usando? La leadership non è un ruolo assegnato, è uno stato di presenza, una responsabilità che si attiva anche solo nel momento in cui si è osservati, ascoltati, seguiti, anche solo per un gesto. È un campo vivo, non una casella in organigramma.
Sbagliare è umano, imparare è strategico

Sbagliare fa parte del gioco, ma la vera sfida è cosa ne facciamo dopo. Se a livello personale possiamo (più o meno) ammettere i nostri errori, nelle organizzazioni la musica cambia. Qui l’errore diventa una creatura mitologica: tutti sanno che esiste, ma pochi osano nominarlo. Si insabbia, si maschera, si trasforma in una gara a chi trova il colpevole.
Il risultato? Una organizzazione che inciampa sempre sugli stessi problemi, che invece di migliorare affonda nei suoi stessi guai. Ma ecco il colpo di scena: se invece di evitarlo, l’errore diventasse un trampolino di lancio per innovazione e crescita?