In occasione della Festa della Liberazione, che ricorda un passaggio storico di emancipazione esteriore, diventa quasi urgente in questo momento storico volgere lo sguardo anche a un altro tipo di liberazione, più silenziosa ma non meno decisiva: quella interiore, individuale e collettiva.
Una riflessione che, se portata nel contesto organizzativo, si rivela quanto mai urgente.
Le organizzazioni oggi sono chiamate a cambiare, a innovare, a evolvere. Ma la trasformazione autentica non può avvenire solo attraverso nuove procedure o strumenti tecnici.
Senza un processo profondo di liberazione dalle rigidità interne — mentali, emotive, relazionali — il cambiamento resta superficiale e facilmente destinato a fallire.
Liberarsi, in un’organizzazione, non significa abbandonare l’identità o la missione.
Significa sciogliere quegli attaccamenti inconsapevoli che imprigionano energie vitali:
- il culto della sicurezza assoluta,
- la difesa sterile dello status quo,
- l’identificazione con ruoli e strutture che non servono più,
- le dinamiche di potere che soffocano la collaborazione autentica,
- l’invisibile trattenere il passato per paura del futuro.
Come emerge dall’esperienza e dalle metodologie che applico nel lavoro con i sistemi organizzativi, liberarsi non è un atto impulsivo.
È un percorso di disciplina interiore, lucidità, responsabilità condivisa.
1. Riconoscere e lasciare andare tutto ciò che trattiene l’organizzazione nel passato:
Riconoscere e lasciare andare tutto ciò che trattiene l’organizzazione nel passato:
- schemi decisionali basati sulla paura,
- abitudini difensive,
- dinamiche di controllo e micro-management,
- attaccamenti ai vecchi successi che impediscono di vedere il nuovo.
In pratica, significa aiutare l’organizzazione a liberarsi dalla dipendenza da emozioni e comportamenti reattivi: paura del cambiamento, bisogno di consenso, ansia da prestazione.
È il primo passo per costruire ambienti di lavoro più leggeri, vitali e adattivi.
Strumento pratico: La mappatura delle emozioni organizzative
Organizza sessioni di ascolto all’interno dei team per mappare le emozioni legate al cambiamento, come la paura del cambiamento, il bisogno di consenso, l’ansia da prestazione. Questi segnali sono fondamentali per comprendere dove intervenire e come sciogliere le resistenze interiori.
Domanda di autoriflessione:
Cosa nella nostra organizzazione ci tiene ancorati al passato? Come possiamo liberarci di queste dipendenze emotive che limitano la nostra crescita?
2. Trascendere l’identità organizzativa limitante
Rappresenta la liberazione più profonda: non si tratta solo di abbandonare vecchie abitudini, ma di superare l’identificazione rigida con un’immagine statica di sé come organizzazione.
Quante organizzazioni restano intrappolate nell’idea di “essere” qualcosa (“siamo leader di settore”, “siamo tradizione”, “siamo i migliori”) invece di evolvere?
Cosa significa concretamente?
- riconoscere che l’identità è fluida e può essere continuamente ridisegnata,
- abbracciare l’innovazione come processo naturale,
- allineare la strategia alla vocazione profonda (il “perché” dell’organizzazione),
- integrare il cambiamento come espressione di coerenza, non come minaccia.
Superare l’identificazione rigida significa riconoscere che l’organizzazione è in costante evoluzione, che la sua identità è fluida e si adatta al contesto in cui opera. La vera forza di un’organizzazione sta nell’abbracciare il cambiamento come una parte naturale del suo flusso vitale, allineando le proprie azioni alla sua vocazione profonda, al “perché” che la guida.
Strumento pratico: La revisione del “perché”
Rivedere periodicamente la missione e la visione aziendale con il team, non per aggiustare la rotta, ma per risignificare insieme la missione in base ai cambiamenti che il contesto richiede. Questo aiuta a rimanere allineati con l’evoluzione continua del “perché” dell’organizzazione.
Domanda di autoriflessione:
Come possiamo vedere la nostra organizzazione come un’entità viva che si rinnova, piuttosto che come una staticità da preservare? Come possiamo evolverla senza perdere la sua essenza?
3. Il distacco consapevole come competenza organizzativa
E’ l’arte del non-attaccamento. Non significa essere freddi o distanti, ma abitare pienamente il presente senza essere prigionieri dei propri successi, errori, ruoli, status.
Applicato alle organizzazioni, Vairagya si traduce in:
- Agilità emotiva: riconoscere emozioni e reazioni senza farsene dominare,
- Leadership diffusa: responsabilizzare senza bisogno di controllo,
- Visione sistemica: vedere i cambiamenti non come minacce locali ma come dinamiche del tutto.
Distacco significa praticare l’agilità emotiva, la capacità di riconoscere e affrontare le emozioni senza farsi influenzare in modo negativo. In questo stato, i leader non controllano, ma responsabilizzano i membri del team a partecipare con consapevolezza, azione e apertura al cambiamento.
Strumento pratico: La pratica del feedback circolare
Implementare un processo di feedback che non si limiti a critiche e apprezzamenti superficiali, ma che diventi uno spazio di autoregolazione e crescita reciproca. Ogni membro del team deve sentirsi libero di esprimere opinioni e suggerimenti, favorendo un clima di apertura, fiducia e responsabilità condivisa.
Domanda di autoriflessione:
Come posso migliorare la mia capacità di partecipare al cambiamento senza attaccarmi ai risultati? Come posso rendere il cambiamento un processo naturale per il mio team?
Liberazione organizzativa: un viaggio di consapevolezza condivisa
La liberazione nelle organizzazioni non è un lusso filosofico, ma una necessità pratica. Serve a creare una cultura della fiducia, spazi di autenticità, modelli di leadership responsabile e processi di innovazione radicati nel senso profondo del lavoro. Le organizzazioni che intraprendono questo viaggio di consapevolezza sono quelle che riescono a vedere e vivere il cambiamento come un dono, non come una minaccia.
Come favorire concretamente questo processo?
- Formare competenze di auto-osservazione: per capire come le dinamiche interne influenzano le decisioni e i comportamenti.
- Coltivare pratiche di discernimento tra ciò che è funzionale e ciò che è solo una resistenza inconscia.
- Favorire ritualità evolutive, come spazi di feedback autentici, momenti di riconnessione ai valori fondanti e di allineamento alla missione.
- Accompagnare il cambiamento come un processo di liberazione, non di imposizione, riconoscendo che l’innovazione è l’espressione naturale di un’organizzazione che cresce in consapevolezza.
Liberarsi non significa “lasciare tutto”.
Significa liberarsi di ciò che non serve più: vecchi modelli, attaccamenti e schemi che bloccano il flusso evolutivo, per diventare strumenti più autentici al servizio della vita, dell’innovazione e delle persone.
La vera innovazione nasce da organizzazioni capaci di vivere il cambiamento come un’opportunità, non come una sfida da temere.
Domande per riflettere
- Quali sono i “legami” che trattengono la mia organizzazione nel passato e come posso aiutare il team a scioglierli?
- In che modo posso contribuire a risignificare l’identità della nostra organizzazione per renderla più fluida e pronta a rispondere ai cambiamenti?
- Quali sono gli attaccamenti che mi impediscono di essere un leader più autentico e come posso praticare il distacco consapevole nella mia gestione?
- Come posso facilitare un ambiente che non solo accoglie il cambiamento, ma lo abbraccia come una naturale evoluzione della nostra cultura organizzativa?